inceneritori e salute

In provincia di Sondrio non sono attualmente presenti inceneritori di rifiuti poichè, dopo essere stati sottoposti a trattamento di bioessicazione nell’ impianto sito nel Comune di Cedrasco, vengono trasportati su gomma fino a Milano. Ciò non toglie che le problematiche ambientali e sanitarie legate all’incenerimento dei rifiuti indirettamente possano e debbano interessare e interrogare anche la nostra provincia e l’ attuale suo modello di gestione dei rifiuti. isdeSoprattutto a causa della previsione governativa di costruire 12 nuovi inceneritori in italia. Le conseguenze sanitarie di tale problematica sono bene affrontate da un documento di  ISDE Italia sullo smaltimento dei rifiuti solidi urbani del quale propongo una sintesi molto semplificata, ma comprensibile a tutti.

 

 

 

Dal punto di vista sanitario l’incenerimento è senza dubbio il peggior modo di trattare i rifiuti, perché ne riduce solo il volume. Da un solo tipo di rifiuto ne genera tre tipi (AERIFORMI, LIQUIDI,SOLIDI) che a loro volta devono essere smaltiti.  Parte del rifiuto aeriforme, nonostante la presenza negli impianti di sistemi di filtraggio dei fumi, viene direttamente smaltito nell’atmosfera, che viene così trasformata in una sorta di discarica per rifiuti speciali pericolosi. Gli inceneritori danno origine a diverse migliaia di inquinanti, producendo circa tre quintali di ceneri tossiche di vario tipo per ogni tonnellata di rifiuti bruciati e destinate nella maggior parte dei casi a discariche per rifiuti speciali o a successivi processi di lavorazione nei cementifici.

RIFIUTI AERIFORMI:

principalmente CO, CO2, acido cloridrico, ossidi di zolfo e d’azoto, polveri sottili di diversa grandezza (es PM10) e microinquinanti (diossine, metalli pesanti ecc) molti dei quali cancerogeni.

RIFIUTI LIQUIDI:

l’acqua utilizzata nelle varie fasi del processo di combustione e di abbattimento dei fumi riceve quantità varie di metalli e altre sostanze: più elevato è il grado di depurazione delle emissioni gassose, più alta è la concentrazione di sostanze nocive nelle acque reflue e/o nei residui solidi del sistema di abbattimento, che a loro volta devono essere debitamente trattate per renderle, per quanto possibile, innocue. Naturalmente anche il trattamento delle acque reflue darà origine a dei residui (fanghi), da smaltire a loro volta.

RIFIUTI SOLIDI:

sono rappresentati da ceneri e scorie, che ammontano a circa un terzo in peso del rifiuto bruciato e contengono soprattutto metalli e diossine. A loro volta debbono essere smaltiti come rifiuti tossici in discariche specifiche. Le ceneri “leggere” che residuano dai sistemi di depurazione dei fumi sono altamente tossiche e non va dimenticato che una piccola quantità di tali ceneri (compresa tra il 3 ed il 5 %) si aggiunge alla parte volatile, perché non viene trattenute dai sistemi di filtraggio.

La quasi totalità degli inquinanti hanno una azione tossica, mutagena, o cancerogena e causano patologie anche tumorali a carico di numerosi organi. Anche le emissioni degli inceneritori che rispettano i limiti emissivi sono state messe in relazione ad una serie di condizioni patologiche come le malattie respiratorie e cardiovascolari .Nonostante le evidenze scientifiche la concentrazione delle polveri ultrafini non è regolamentata da alcuna normativa, pur rappresentando un grave rischio per la salute umana.

Gli impianti di incenerimento di nuova generazione, anche se presentano emissioni di inquinanti inferiori rispetto ai vecchi inceneritori in termini di concentrazione di fumi sono tuttavia di maggior taglia e ciò comporta un incremento della quantità assoluta di emissione di fumi e di inquinanti. Appare perciò arduo sostenere che ad essi si associ una riduzione del rischio ambientale e sanitario. Ad esempio, l’inceneritore di Brescia aveva nel 1992 una capacità di 266.000 tonnellate/anno. A partire dal 2004, realizzate nuove linee di combustione, la capacità è aumentata fino a circa 700.000 tonnellate/anno e, parallelamente, anche la quantità di fumi emessi, a partire dal 2004, è proporzionalmente aumentata. I moderni impianti emettono, in termini assoluti, 2000ng di diossine/ora (questa quantità non garantisce la tutela della salute umana).

A ridurre l’efficacia dei sistemi di abbattimento, va segnalata la presenza (usuale) di bypass su tali sistemi. Questi bypass vengono attivati automaticamente in caso di anomalie gravi, quali il blocco dei ventilatori, per evitare danni gravi alla parte termica. Ma queste emissioni, determinate da situazioni di emergenza, sono cospicue e più frequenti di quanto si tenda a ritenere.

Il crescente ricorso all’incenerimento dei rifiuti, l’elevato costo di smaltimento in discariche speciali dei residui e la scarsa disponibilità di siti da adibire a discarica ha dunque aggiunto ai già noti problemi legati alle emissioni atmosferiche degli inceneritori, quelli relativi allo smaltimento dei rilevanti residui. Si è dunque suggerita l’individuazione di “alternative” alla discarica, quali quelle della cosiddetta “valorizzazione” dei residui prodotti dagli inceneritori, che creano in realtà ulteriori preoccupazioni per l’impatto ambientale e per i rischi per la salute umana.

In Italia infatti le scorie pesanti, che costituiscono circa l’80% dei residui dell’incenerimento, nonostante la loro composizione tossica vengono definite “rifiuti speciali non pericolosi” e per questo motivo possono essere utilizzate tal quali e senza l’effettuazione preventiva di test di cessione quando vengono utilizzate nei cementifici, nella produzione di conglomerati cementizi e nell’industria dei laterizi.

Il  ciclo produttivo del cemento può quindi prevedere in modo legittimo l’incorporazione delle ceneri tossiche da combustione nel cemento prodotto: le caratteristiche fisiche di quest’ultimo risultano alterate in maniera direttamente proporzionale alla quantità di scorie impiegate. Nel breve termine, le alterazioni causate dagli agenti atmosferici naturali non sembrerebbero garantire il mantenimento dei limiti imposti dalla legge.

Il riutilizzo delle scorie, inoltre, costituisce un importante fattore di rischio occupazionale a causa principalmente dell’esposizione dei lavoratori a cromo e cadmio, attraverso inalazione e assorbimento tramite la pelle.

In risposta alle evidenze scientifiche descritte, la Danimarca ha rivisto in senso restrittivo la legislazione che regola l’utilizzo delle scorie pesanti nel settore delle costruzioni, proprio a causa del loro alto contenuto in metalli pesanti e sali e del loro rilascio nell’ambiente . Sarebbe auspicabile un simile atteggiamento legislativo anche da parte del nostro Paese, in attesa dell’abbandono progressivo e definitivo della tecnica dell’incenerimento a favore di altre strategie di gestione del ciclo dei rifiuti, a cominciare dalla loro riduzione e fino al recupero reale dei materiali, pratiche ormai ampiamente sperimentate, sicuramente più sostenibili dal punto di vista ambientale e sanitario e più socialmente ed economicamente vantaggiose per la comunità.