Compostaggio e digestione anaerobica

Alcune frazioni organiche classificate come rifiuti sono ad esempio: i rifiuti urbani indifferenziati, i fanghi da depurazione delle acque fognarie, le biomasse finalizzate alla produzione di energia, la frazione organica dei rifiuti solidi urbani (FORSU). Quest’ultima sarà l’oggetto di questo approfondimento, che sintetizza brevemente un interessante documento dell’ISDE dal titolo: IL TRATTAMENTO DELLA FRAZIONE ORGANICA DEI RIFIUTI URBANI (FORSU).

La FORSU è costituita sia dalla frazione umida (scarti di cucina: domestici, da ristoranti, da mense etc.) che dalla frazione verde (sfalci d’erba, potature etc.), e rappresenta circa il 35% circa delle produzione complessiva di rifiuti urbani. Attualmente il 60% circa della FORSU in Italia è destinato alla discarica. La FORSU deve essere gestita secondo la gerarchia di priorità individuata normativa, privilegiando cioè la prevenzione (autocompostaggio) e il riciclaggio/recupero di materia (compostaggio aerobico tradizionale) rispetto al recupero di energia. La digestione anaerobica, essendo finalizzata al recupero di energia, è da considerarsi nella gerarchia dei rifiuti come scelta di secondo livello rispetto al compostaggio tradizionale. Tutte le modalità di trattamento biologico della FORSU sono comunque da preferire rispetto all’incenerimento o allo smaltimento in discarica.

In natura il materiale organico che si genera dalla morte di organismi viventi è decomposto grazie all’ opera di microbi, i quali utilizzano come fonte di energia la materia organica attraverso due possibili processi : aerobico (in presenza di ossigeno) ed anaerobico (in assenza di ossigeno). Alla fine di entrambi i processi resta sia una frazione solida chiamata Humus sia una frazione volatile, prevalentemente composta da anidride carbonica, vapore acqueo e metano (solo nel caso di processi che avvengono in assenza di ossigeno).

Quando il processo che si svolge in presenza di ossigeno viene accelerato e controllato dall’uomo è definito compostaggio e porta alla formazione di una frazione solida denominata compost, un ammendante organico capace di modificare e migliorare le proprietà e le caratteristiche chimiche, fisiche, biologiche e meccaniche del terreno.

Quando il processo che si svolge prevalentemente in assenza di ossigeno è accelerato e controllato dall’uomo è definito digestione anaerobica. Da questo secondo trattamento si origina una frazione  a cui si da il nome di digestato. Si dibatte se tale frazione sia da considerarsi o meno un rifiuto. Esso può essere utilizzabile in agricoltura come ammendante solo dopo una ulteriore fase rappresentata da un processo aerobico (compostaggio) e con opportuni controlli microbiologici.

Un impianto di digestione anaerobica della FORSU che non preveda un ulteriore trattamento del digestato deve essere considerato un impianto di recupero energetico, in quanto la sua ragion d’essere è solo la produzione di gas da utilizzare a fini energetici.

L’utilizzo del digestato in agricoltura è consentito ma solo per quello ottenuto da sottoprodotti zootecnici e nel rispetto della Direttiva Nitrati , che fissa per ettaro e per anno l’apporto massimo di azoto nelle zone rispettivamente identificate come “vulnerabili” e “non vulnerabili”. Al momento le evidenze scientifiche riguardo agli effetti indiretti sulla salute umana del digestato sparso sui terreni agricoli non sono univoche.

L’attività biodegradativa della digestione anaerobica produce anche una miscela di gas, prevalentemente composta d’anidride carbonica e metano, a cui è dato il nome di biogas. Proprio la produzione di questo biogas, grazie agli incentivi particolarmente elevati di cui gode l’energia ottenibile dalla sua combustione, rappresenta uno dei principali motivi del fiorire di richieste di installazione di impianti di questo tipo. Il biogas grezzo, sviluppato a seguito della digestione anaerobica della FORSU, è parzialmente depurato per aumentarne il potere calorifico e renderlo utilizzabile come combustibile per alimentare motori a combustione interna. A questo scopo si riduce la quantità di vapore acqueo, di idrogeno solforato e di anidride carbonica e il gas così depurato è normalmente utilizzato per produrre elettricità e calore.

La combustione diretta del biogas, sia pure parzialmente depurato, in motori a combustione interna, presenta tuttavia alcune criticità e comporta – non diversamente da ogni altro tipo di combustione – la produzione e la dispersione in ambiente di numerose sostanze chimiche. Alcune di queste sostanze sono particolarmente nocive per la salute umana, esponendo la popolazione residente in prossimità degli impianti a rischi non trascurabili.

La combustione sul posto del biogas in impianti di co-generazione finalizzati alla produzione di energia elettrica e termica, dotati di sistemi di abbattimento degli inquinanti, causa comunque l’emissione in atmosfera di numerosi composti chimici, tra i quali sostanze nocive alla salute umana (alcune delle quali cancerogeni certi per l’uomo). Le emissioni di polveri sottili di un impianto di cogenerazione alimentato a biogas sono maggiori di quelli di un simile impianto alimentato con gas naturale. Inoltre i limiti di emissione per gli inquinanti gassosi concessi dalla normativa vigente agli impianti di combustione di biogas sono notevolmente superiori rispetto a quelli concessi alle centrali termoelettriche alimentate a gas naturale che, pur rispettando i limiti di emissione, possono avere effetti misurabili sulla salute.

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Il biogas raffinato è denominato biometano. In Europa l’immissione in rete del biometano e il suo uso per l’autotrazione è una prassi consolidata in Francia, Germania, Svizzera, Svezia, Austria e Olanda. Questi paesi, contrariamente all’Italia, hanno definito standard tecnici sulle caratteristiche chimiche e fisiche che il biometano deve rispettare per essere immesso in rete, per garantire la sicurezza per gli impianti e per gli utenti.

Da quanto scritto i processi di compostaggio e di digestione anaerobica possono presentare quindi criticità ambientali e sanitarie. Queste sono anche e soprattutto legate alla qualità del materiale in ingresso che, qualora non fosse adeguato (in particolare per la presenza di elevate concentrazioni di metalli pesanti e composti organici tossici), potrebbe produrre contaminazione del suolo e della catena alimentare ed emissioni inquinanti in atmosfera.

 

Esempio locale di impianto a digestione anaerobica (da non confondere con gli impianti a biomassa per il teleriscaldamento presenti in provincia):

In provincia di Sondrio Secam SPA ha costituito una società denominata Enerbio, della quale detiene il 51% . Scopo della società è stato la realizzazione a Postalesio (SO) di un impianto di produzione di energia elettrica da biogas proveniente da reflui zootecnici e altre matrici agronomiche conferiti da aziende del settore.
In particolare a Postalesio sono accolti e trattati:
•    reflui degli allevamenti zootecnici (le deiezioni animali)
•    biomassa (l’insilato e la granella di mais)
•    scarti dell’industria lattiero-casearia (il siero)

QUI IL VIDEO

 

ALCUNI CONSIGLI E RACCOMANDAZIONI NELLA GESTIONE DELLA FRAZIONE ORGANICA DEI RIFIUTI URBANI

– Ridurre prioritariamente alla fonte la produzione di FORSU evitando gli sprechi alimentari e diffondendo esperienze che permettono il recupero di cibo che per motivi commerciali o per comodità sarebbe destinato allo smaltimento.

– promuovere il compostaggio domestico, anche in ambito urbano e sub-urbano

– promuovere una raccolta di qualità delle frazioni organiche da avviare a trattamenti biologici

– privilegiare per la frazione organica dei rifiuti urbani il compostaggio, in quanto è il solo che garantisce il rispetto della gerarchia europea nel trattamento dei rifiuti, il più adeguato recupero della materia e il maggiore apporto di carbonio organico ai suoli.

– eliminare con opportuni interventi legislativi l’attuale distorsione che favorisce il recupero di energia (incenerimento e produzione di energia elettrica attraverso la combustione di biomasse e bio-gas) a danno del recupero di materia.

– nel caso si prevedesse l’insediamento di impianti di digestione anaerobica per il trattamento della FORSU, non deve essere consentito l’ingresso di qualsivoglia altra tipologia di materiale e deve essere   obbligatoriamente previsto il compostaggio del digestato prodotto allo scopo di evitare le criticità conseguenti all’applicazione diretta a suolo (perdite di composti azotati, rilascio di ammoniaca, ecc.).

– la combustione sul posto del biogas prodotto deve essere evitata. Il biogas prodotto, per poter essere utilizzato come combustibile, dovrebbe richiedere obbligatoriamente la sua raffinazione a biometano.

– prevedere, nel caso che sia prevista e ammessa dalle disposizioni regolamentari l’applicazione diretta del digestato (quale è tipicamente il caso di impianti rurali per la digestione di effluenti zootecnici), che questo non sia utilizzato per le fertilizzazione di terreni adibiti a pascolo e alla produzione di fieno come mangime per animali.

– prevedere la depurazione del digestato liquido nello stesso sito di produzione del digestato, preferibilmente in abbinamento a un impianto di trattamento delle acque reflue.

– nel definire le specifiche del biometano da immettere nella rete, adottare da parte del Governo i valori più restrittivi in questo momento in vigore in Europa rispetto alla concentrazione di contaminanti potenzialmente pericolosi.