Da rifiuti a risorse

I rifiuti sono una risorsa, ma per chi? Un sistema in cui guadagnano Enti per la raccolta ed Enti per il riciclaggio e il cittadino si trova gravato di costi che spettano ad altri. Bisogna invertire la rotta ed intercettare la “risorsa” prima che diventi “rifiuto” e rendere questo conveniente per il cittadino.

Per perseguire l’obiettivo di ridurre i problemi connessi ai rifiuti vengono incentivati i processi di riciclo e di riutilizzazione dei materiali provenienti dai rifiuti. Dato che, per poter venir consegnati ai rispettivi consorzi nazionali assume notevolissima importanza l’elemento della loro qualità (la cosiddetta «purezza»), da anni siamo tutti impegnati nel processo di miglioramento della raccolta dei rifiuti, focalizzando la nostra attenzione sulla differenziazione dei diversi materiali.
I politici e gli amministratori, consapevoli di essere giudicati dall’esterno sulla percentuale di raccolta differenziata piuttosto che sulla effettiva soluzione del problema rifiuti, si sono concentrati (economicamente, organizzativamente e come comunicazione) quasi esclusivamente su questa fase.

Nonostante tutto però, in Italia il tasso di raccolta differenziata si attesta nel 2012 [Ispra, 2013] appena attorno al 39,9%, ben al di sotto dei traguardi prefissati dall’Ue per l’anno di riferimento (65%), mentre la discarica e la termovalorizzazione sono ancora le modalità più utilizzate per trovare una soluzione alla problematica dei rifiuti.

La maggior parte dei cittadini, i media e la politica continua a presentare e a trattare la «questione rifiuti» come un «problema igienico-sociale» di cui farsi carico, trascurando completamente la natura di «valore economico» reale e monetizzabile, tanto dei materiali che noi trasformiamo in rifiuti che dei processi connessi alla loro gestione. Ma modelli gestionali presenti nel nostro Paese, basati sulle raccolte differenziate degli imballaggi a cura dei consorzi di filiera del Conai, che pure sono stati fondamentali per avviare il processo, ora non funzionano più perché:
a) sono finalizzati solo all’aumento della raccolta differenziata e non dell’effettivo riciclo;
b) sono gestiti, di fatto, in condizioni di monopolio dai consorzi stessi e, soprattutto, escludono dalla catena del valore dei materiali e del riciclo due categorie essenziali ad assicurare che i rifiuti non siano più un problema : i cittadini ed i riciclatori.

Oltre al valore di mercato delle materie prime secondarie (carta, plastica, alluminio ecc) esiste un altro valore monetario che viene utilizzato ad esclusivo beneficio degli attori che operano nelle filiere «pubbliche» del riciclo: il Contributo Ambientale Conai (Cac). Questo contributo si applica alla totalità degli imballaggi immessi al consumo, sia che essi siano destinati all’uso domestico sia a quello industriale e commerciale. La verità è però che il Cac in Italia è di fatto solo una forma di tassazione indiretta che viene ribaltata sui consumatori finali dei beni oggetto di imballaggio (in Germania ad esempio il cittadino può farsi rimborsare questo contributo ad esempio su una bottiglia di plastica vuota, sia in soldi che in buoni spesa. Per questo motivo in giro non si trovano “rifiuti”).

Attenzione perché, contrariamente a quanto si pensa, i costi per la raccolta dei rifiuti aumentano con il grado di differenziazione con cui vengono effettuate le raccolte. Questo significa che:
– tanto più sono spinte le raccolte (ad esempio il porta a porta) tanto più i cittadini pagano
– tanto più i cittadini e i Comuni pagano ( ad esempio per la separazione e il vaglio del multi materiale del sacco giallo) tanto migliore è la qualità dei rifiuti raccolti
– tanto migliore è la qualità dei rifiuti di plastica raccolti tanto meno spende ad esempio Corepla (COnsorzio REcupero PLAstica) per il trattamento a valle dei rifiuti raccolti
– tanto migliore è la qualità dei rifiuti raccolti tanto più materiale viene avviato a riciclo da Corepla
– tanto più materiale viene avviato a riciclo da Corepla tanto più Corepla incassa dalle aste dei materiali.
E i riciclatori? Pagano Corepla per avere i materiali selezionati di cui fare l’effettivo riciclo

E i cittadini italiani? ogni anno spendono oltre 6 miliardi di Euro per disfarsi dei rifiuti. Ma a questa somma vanno aggiunti, come abbiamo visto, altri rilevantissimi costi diretti e indiretti che vengono comunque sopportati dalla collettività tramite le imposte Comunali o quelle aggiunte sul prezzo delle merci (Cac).
Per restare nell’esempio della plastica, il consorzio nazionale Corepla, nella Relazione di gestione relativa all’anno 2012 dichiarava di aver raggiunto il 71% di recupero e riciclo rispetto agli imballaggi totali immessi al consumo, ma non diceva che in questa percentuale:

 – le percentuali di imballaggi secondari e terziari, assicurate dagli operatori indipendenti (quelli che non aderiscono ai consorzi nazionali e che non percepiscono alcun contributo dal Conai ), sono molto più elevate di quanto avviene nella filiera «pubblica»;
– il 71% dichiarato rispetto agli imballaggi totali immessi al consumo viene raggiunto solo conteggiando, come recupero, le quantità di plastica (stimate) contenute nelle raccolte indifferenziate urbane avviate a termovalorizzazione (21%), effettuate dai Comuni e comunque pagate dai cittadini. Ma davvero possiamo considerare queste quantità come operazioni di recupero?riso

La scarsa efficacia del sistema mostra che occorre ormai invertire la rotta e per farlo non basta più invocare formule generiche (come il «miglioramento della raccolta differenziata», «la raccolta porta a porta»), la cui sostenibilità economica e ambientale è difficilmente assicurata. Per darci qualche realistica prospettiva dovremmo:
– convincerci che i materiali che trasformiamo in rifiuti hanno un valore economico reale, e che la ridistribuzione di questo valore è la chiave per assicurare un funzionamento efficace ed efficiente del sistema. Ad esempio: se i cittadini migliorano le proprie modalità di selezione a monte dei rifiuti, con ciò aumentando il valore complessivo della filiera, perché non  assegniamo loro un beneficio (economico, in servizi etc.) invece che aumentare loro la tariffa per la raccolta differenziata?
– pensare che se i materiali che trasformiamo in rifiuti hanno un valore economico reale, forse potremmo trattarli in maniera che non entrino nel ciclo dei rifiuti il quale, in ogni caso, è costoso e complesso. Ad esempio: è possibile che i materiali vengano intercettati prima di farli diventare rifiuti (con meccanismi di vuoto a rendere o di conferimento diretto al riciclo)?
– fare i conti con il fatto che la maggior parte del rifiuto urbano è di origine non domestica e che la quasi totalità di questi rifiuti è destinato alla raccolta indifferenziata. Uffici, negozi, supermercati e centri commerciali, bar, ristoranti e pizzerie, scuole e ospedali, piccole attività artigianali e così via, sono la fonte di una quota così importante di rifiuti gestiti dal servizio urbano che, se solo fosse intercettata in maniera intelligente (ad esempio dagli operatori indipendenti del riciclo) garantirebbe un significativo abbattimento della quota di rifiuto indifferenziato, permettendo di raggiungere percentuali di riciclo assolutamente elevate;
– considerare che esistono frazioni importanti di materiali post-consumo che, non essendo imballaggi ma comunque materiali di alta qualità e valore, non vengono intercettati nella filiera delle raccolte differenziate, finendo quindi per incrementare la quantità di rifiuto indifferenziato di cui farsi carico ( ad esempio le posate in plastica monouso)

LINK alla fonte (liberamente sintetizzato da me)